lunedì 4 aprile 2011

Torres del Paine


Il parco nazionale Torres del Paine vi può accogliere così, in una grigia mattina di fine estate....


Inizierete un tortuoso percorso e dopo una lunga camminata passata a risalire la valle, affrontando forti venti e ripidi saliscendi, resterà l'ultima grande salita, quando vi sarete lasciati alle spalle i piccoli faggi colorati di rosso e giallo da questo autunno precoce, quando le vostre stanche gambe saranno al culmine della fatica, quando i vostri occhi non avranno visto che pietre e sassi e terra e la vostra mente, continuamente parlando, chiacchierando, blaterando vi avrà fatto più confusi e lontani, assorbiti da quel tormentoso giochino che vi siete certosini costruiti nel tempo e di cui siete adesso vittima masochisticamente compiacente, facendovi perdere tutto quello che avete di bello da vivere intorno a voi, solo allora apparirà inaspettata la fine di questa immensa e faticosa morena;

 
durante la salita si intravedono già gli straordinari graniti bicolori del Paine

E continuerete faticando e sudando e borbottando panegirici inutili che la mente sforna generosa, sembrerà non finire mai, mai....... ma ecco che improvvisamente vi basterà svoltare l'ultimo angolo che....


Le vostre menti si fermeranno per un infinito istante. Fuori dal tempo e dallo spazio.


Davanti a questa cattedrale sarà difficile trattenere le lacrime, le bocche si spalancheranno e il vostro cuore diverrà così grande da poter abbracciare tutto quello che i vostri occhi faranno avidamente propri. Felicità e stupore saranno i sentimenti che saranno di contorno a quell'emozione che non si riuscirà a descrivere con le parole.
E ogni istante sarà un istante, il solo, in cui le forme, i colori e i suoni cambieranno continuamente la fisionomia della montagna.

E allora io vi dico che sono il signore della terra e dell'aria, dell'acqua e del fuoco, e così io vi mostro il mio aspetto, di roccia levigata dal potente vento che ulula tra gli anfratti, la cui forza rimbalza grave scolpendo in imponenti forme le mie torri, slanciate verso il cielo, le cui bianche nubi fluttuano veloci accarezzando i miei scintillanti pinnacoli, la cui acqua precipita sovente ghiacciata sbiancando le valli e modificando gli scuri basalti e i chiari graniti, colorati dal fuoco la cui luce ne risalta ora il rosa, ora l'ocra, ora il giallo, cambiandone forma e aspetto ad ogni istante che trascorre.
Dentro di me sta tutta la grandezza della terra e degli elementi che la rappresentano, dentro di me sta tutta l'emozione del momento, poichè l'unica cosa che permette a voi, che vi presentate piccoli al mio cospetto, di comprendere il momento, è l'emozione, perchè solo essa è totale immediatezza, è comunione di sentimenti con me che sono il tutto e lo rappresento in tutta la sua maestosità, e voi che siete altresì tutto e lo rappresentate con la capacità di emozionarvi.
Perchè vi ricordiate sempre non che la terra è vostra e voi siete della terra, ma che voi e la terra siete una cosa sola, voi siete la terra e la terra è voi, che non esiste confine tra chi esperisce l'emozione e chi l'emozione la suscita.

Bisogna aver fiducia nella vita.... prima di arrivare qui, nel profondo sud, in qualche modo avevo paura, paura della lontananza, del freddo, della pioggia, del fallimento, della rinuncia.... la paura condizione sempre la nostra vita, quella paura che si ripete, reiterando nel tempo un meccanismo di difesa antico, ma ormai vetusto, e quindi dannoso.
E invece la fiducia nella vita ti ripaga sempre, qualunque sia la situazione che devi affrontare.
Il Torres del Paine non è un animaletto docile e se ti concede l'onore di incontrarlo sarà difficile che tu te ne possa andare senza soffrire (e godere) della forza dei suoi elementi. Manco ho avuto il tempo di fantasticare con la mente della perfezione e della gioia del nostro incontro, che è stato perfetto, che tutto è perfetto, che la vita e ogni suo momento vanno bene così, che tutto questo viaggio è andato bene così finora, con i momenti belli, le occasioni colte, quelle perdute, le scelte e, ovviamente, le emozioni.
Manco il tempo di pensarlo che il Torres del Paine ci mette subito alla prova.....
E la mattina seguente ci risvegliamo sotto una fitta nevicata!


E sarà una dura giornata di trekking estremo, neve fino in fondo alla valle, poi alternanza di nubi e pioggia e fango per le restanti 8 ore, con gran finale sotto il diluvio, fino al campamento italiano, lì fradicio ad aspettarci con il suo simpatico strato di fango. Ad accompagnarci Alexander e Benjamin due simpatici ragazzi neo dentisti parigini in viaggio per il mondo che ci allieteranno la giornata, scapestrati e malandati come lo siamo noi, in contrasto con tutti i restanti europei ed americani tutti super tecnologia ed organizzazione. Anzi, direi che loro ci battono, non hanno i picchetti per la tenda e vanno in giro con le scarpe da tennis e i jeans! Però hanno le racchette....


E in tutte queste ore di lunghe camminate rifletto su quell'emozione che ho provato su al mirador, sulla bellezza della natura e delle montagne, dei ghiacciai, della pioggia, delle camminate, del vento, del fortissimo vento che batte incessante queste lande desolate, che non ha mai smesso un minuto di accompagnarci, che nei giorni scorsi ha costretto più di un visitatore a tornare indietro, capace di buttarti per terra con tutto il tuo zaino. E io che mi ero permesso di giudicare incapace la francese che all'ostello diceva che il vento era troppo forte ed era tornata indietro. Il Torres del Paine non è per tutti, ma questo per me non significa che è un luogo per uomini duri, anzi, è un luogo per chi sa vedere. Non mi interessano i discorsi prestazionisti che tanto piacciono alla gente che fa attività fisica o che si confronta con la natura da un punto di vista agonistico. A chi ce l'ha più lungo. Troppo superficiale. La natura decide, non noi.
Sta a noi decidere se comunicare con l'emozione.
E decidere se ci interessa portare a casa la conoscenza o il risultato.


I Cuernos del Paine non ne vogliono sapere di mostrarsi e restano celati dietro la spessa coltre di nubi. Non ci sarà più modo di vederli. Sotto le loro cime volano altissimi sopra di noi 5 condor, il tempo di superare un paio di colline ed ecco che sbucano velocissimi a non più di 20 metri dalle nostre teste. Meraviglia! Mi sa che hanno capito che siamo un po' allo sbando e ci hanno preso per la loro comida...
Al campamento italiano arriviamo stremati, come benvenuto, il rombo del glaciar francès, che borbotta e rimbomba un paio di km sopra di noi, fa impressione sentirne il respiro nervoso, talvolta si incazza proprio e tuona violento e pare caderti sopra la testa. Un'altra magia dell'alta montagna.
Quando arriva il momento di cucinarci qualcosa di caldo, dopo aver montato la tenda bagnata, srotolato i sacchi a pelo umidi, e dopo esserci spogliati degli abiti fradici ed esserci tolti gli scarponi inondati, scopriamo di aver dimenticato la cosa più importante al campamento precedente: il fornelletto! Noooooooo! Ce l'abbiamo nel culo, la nostra babbaggine ha superato ogni limite.
Tutte le simpatiche zuppette knorr che ci siam camallati fin qui....


La mattina dopo decidiamo, insieme ai francesi, che non vale la pena proseguire. Continua a diluviare, le previsioni sono pessime, la valle dei francesi è bianca e il cielo pure, non si vede a più di 500 metri di distanza, siamo tutti fradici e senza fornelletto. In più ho perso il bottone delle braghe e ad ogni passo mi calano per terra..... e le preziose scarpe da trekking di paola da 30 euro sono ridotte ad una palude e la sua tenacia, fino a qui encomiabile, sta pesantemente vacillando.
La situazione è grave, qui si rischia l'incidente diplomatico!
Subito mi prende un po' male, ma penso che alla fin fine va bene lo stesso, lo spettacolo delle torri ha ampiamente ripagato la fatica, il glaciar Grey e i corni li vedremo la prossima volta, oggi non li vediamo proprio, e possiamo fare ben poco. Lungo il percorso continua a piovere, ma camminare sotto la pioggia a suo modo è divertente. 


Arriviamo infine al catamarano (dall'invitante nome Hielo Patagonico), accogliendo e sbeffeggiando scherzosamente i nuovi arrivati. Non andate! Morirete! È terribile, siamo scampati al disastro! 


Quando il catamarano parte infuria la bufera. Gli operai del rifugio scaricano i viveri. È arrivato l'inverno

2 commenti:

  1. Che nostalgia... se possibile siete stati più sfigati di noi col tempo... però noi arrivati al mirador ci siamo mirati le palle degli occhi... una tormenta perfetta!
    Complimenti ragazzi, siete veramente stoici!!!
    Ciao
    Skeno

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  2. senza parole..è stato emozionante solo leggere, non posso neanche lontanamente immaginare cosa sia stato viverlo...com'è che che ci " esce " la poesia solo in certe situazioni?!?

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