lunedì 14 novembre 2011

Canyoning Ecrins

Ogni anno, da quando mi sono buttato nel meraviglioso mondo delle bancarelle, puntuale arriva l'estate e puntuale mi lamento che non posso andare per forre.
Ma quest'anno, a settembre, mi sono regalato quattro discese fantastiche nel Parco Nazionale dell'Ecrins che è un posto veramente bello e nemmeno troppo lontano.
Basta percorrere la – tristemente – nota, ma – "esaltantemente" – tenace – Val di Susa, e scavalcare il confine, poco oltre Briancon si trova già il parco, con tutte le sue meravigliose vallate che custodiscono gelose i loro potenti canyon. Sono percorsi alpini e severi, l'acqua è fredda e abbondante, e scava stretti meandri e profonde marmitte che creano pericolose turbolenze. Già queste caratteristiche alimentano in te uno stato piuttosto timoroso quando ti avvicini ai canyon. Attraversi profonde valli, intorno a te altissime e imponenti montagne ritardano la comparsa del primo timido sole mattutino, del cui calore la tua pelle ha tanto bisogno.

Alla Meije erano le 7 di mattino, la notte la temperatura era scesa abbondantemente sotto lo zero facendoci tremare dentro ai sacchi a pelo, e cambiarsi e iniziare la salita non è stato divertente. Per fortuna Marie ci ha portato un poco di tepore offrendoci una tazza di caldo caffè, ma occorreva far presto perchè nel pomeriggio il sole sale ed inizia ad infastidire il grande ghiacciaio che sta lì, appeso sopra alle nostre teste, e questo reagisce rovesciando un bel po' di mila litri in più dentro la strettissima forra sottostante. 


Essere lì a gustarsi il momento non dev'essere piacevole. 
Far presto serviva anche a tenere la temperatura del corpo almeno un grado sopra il minimo indispensabile per non dover cedere le armi al congelamento dei globuli rossi. La temperatura dell'acqua è di poco sopra la fusione. La prima parte scivola via veloce, siamo in 6 e piuttosto lesti, anche perchè gli armi sono talmente speditivi da costringere l'andatura del gruppo ad adeguarsi. 


Poco più di un ora e Lionel ci presenta la seconda parte della forra con un laconico “ora il tempo per scherzare è finito”. Questo contribuisce a far crescere quel sottile senso di inquietudine misto eccitazione che è il propulsore principale che ti spinge giù per questi meandri. L'emozione si prende tutto lo spazio quando l'acqua di infila in un tubo che si fa strettissimo, quasi una grotta verticale, acquistando potenza e velocità. 

 
La luce si affievolisce fino quasi a scomparire, sono io sull'armo e vedo tutti i compagni sparire dentro quel buco da cui non si sente null'altro che rombante frastuono. Quando tocca a me smonto tutto e scendo bombardato da un tubo di elettroni che ballano allegri un trasgressivo triangolo sopra la mia testa. Non è piacevole, ma guardarmi intorno quando metto i piedi sopra la ghiaia e scoprire i disegni che l'acqua ha creato mi meraviglia ancora una volta. 


Non c'è tempo di abbandonarsi alla contemplazione, siamo ormai dentro la lunga sequenza finale che ti porterà alla fine da una vasca all'altra senza respiro. Ma la prima calata resta uno dei passaggi più tosti mai affrontati. L'acqua scende giù per uno scivolo che cambia angolazione fino a diventare orizzontale con una forza tale da aver bucato un diaframma di roccia. 


Passare da lì è stata un impresa! Ancora cascate, ancora marmitte rotanti, il passaggio della famosa lavatrice opportunamente affrontata non desta particolari problemi. Ma dentro queste pozze senti la potenza dell'acqua che tira le tue gambe verso il basso. 
Brividi lungo la schiena. 
Il tempo per scherzare è davvero finito.


Non è mai iniziato all'Oules de Diable, dove si viene accolti da un sinistro cartello che invita i visitatori alla prudenza a causa delle numerose vite che il torrente si è portato via in passato. 


Al senso di inquietudine misto eccitazione si aggiunge una malcelata preoccupazione, ma il livello della squadra e la tranquillità dei nostri amici francesi invita alla calma. Che tornerà timida a rendere fluida e divertente una discesa sì impegnativa e con passaggi decisamente pericolosi, ma mai tali da destare eccessivo timore. 


La portata è potente e i rulli spingono, tanto che il nostro sempiterno Guido ne farà le spese tra l'ilarità generale. Scopro sempre più che i torrenti acquatici sono quelli che preferisco perchè ne esce una tale quantità d'adrenalina da lasciarti infine esanime. 


Mi esalta giocare con l'acqua che tira, mi carica affrontare le calate sotto la spinta potente di un tubo d'acqua che ti picchia in testa, mi eccita trasformarmi in una molecola d'acqua e scivolare veloce lungo un toboga frullante.



Allo Chichin siamo stati fortunati, forra esposta a sud baciata da un bel sole caldo. 


Lo Chichin cì è servito da antipasto per scaldarci in vista del mostro che stava di fronte che avremmo affrontato il giorno seguente. Discesa rilassante interrotta solo dal rombo di un elicottero sceso in forra davanti a noi alla ricerca di uno sfortunato ragazzino che si era rotto una gamba più a monte.


Più contemplativa, ma non meno estetica delle altre, un meraviglioso geyser anche qui, che decolla da un balcone architettonicamente perfetto. 


Un momento che amo del torrentismo è quando sei appena sceso da una meravigliosa calata come questa e ti sdrai per terra ad ammirare quel che la natura è stata capace di creare. Osservi le rocce modellate dall'acqua e sorridendo ti lasci accarezzare dalla brezza di aerosol che scende delicata sulla tua pelle.


Ma il non plus ultra dell'engagment, del divertimento e della forza lo troveremo dentro il celebre Les Oules de Freissinieres che è per me una delle più belle discese con cui mi sono confrontato. 


Al sottile senso di inquietudine misto eccitazione cui si aggiunge una malcelata preoccupazione devo inserire anche una domanda che torna puntuale quando si stanno andando ad affrontare percorsi famosi per la loro difficoltà. Sarò all'altezza? Leggo la guida che dice che questa discesa va affrontata con umiltà e rispetto. E si capisce già da come si presenta...


In macchina osservo le cime delle montagne intorno a me, è mattino e, manco a dirlo, fa freddo. La giornata è stupenda, ma il sole non lo vedremo mai dentro la forra. Les Oules, le marmitte in antica lingua occitana, si presenta subito con un paio di tobogoni potenti che ti proiettano in marmittoni, appunto, ribollenti e roteanti.... e occhio ai rulli che spingono di brutto con buona pace dei timidini che non riescono a diventare amici della corrente. 


Fred è l'ultimo a scendere e rimane imprigionato in una morta, dopo qualche inutile tentativo di inserirsi nella corrente giusta gli lanciamo la corda e lo tiriamo fuori.


Ad una prima parte inforrata e piuttosto orizzontale, praticamente tutte sequenze saltini-marmitte ribollenti se ne apre una seconda davvero incredibile. Giungi sull'ultimo laghetto e davanti a te scompare letteralmente la forra. Scompare! Guardi avanti e sembra che un unghia geologica abbia strappato via la terra e le montagne con tutti quanti gli alberi lasciandoti un balcone strapiombante e sotto di te il nulla. 


Davanti km di panoramiche vallate, ma dov'è l'acqua? L'acqua si infila in un tubone verticalissimo che scende insinuandosi serpentineo tra le rocce e acquistando sempre più velocità passa da una supercascata ad una supermarmitta dopo l'altra. 


Cascata-marmitta, cascata-marmitta. Spettacolo. I miei pori sono grandi come monete! Un diluvio di serotonina annega il mio cervello. Mi slego su un piccolo spiazzo che ospita uno stoicissimo pino e mi lancio nel vuoto, sotto di me un enorme lago pensile. 


Ad attendermi, rassicurante, Alessandro che mi indica dove aggrapparmi. La corrente è forte e quando esci dal laghetto devi fare attenzione a che non ti trascini giù nel prossimo salto. Ora sono sulla sosta, ma non vedo l'uscita, dove finisce l'acqua? Poco oltre la vedi, anzi, la senti che potentissima sibila da un angusto anfratto disegnando una spettacolare cascata orizzontale che si schianta dirompente contro la parete rocciosa di fronte. 


Armo la calata e il gruppo inizia a scendere. Un piccolo contrattempo quando uno dei due gendarmi che ci accompagnavano (la gendarmerie manda ciclicamente alcuni del soccorso a fare pratica in forra) decide di sganciare le due longe dall'armo con entrambe le mani, dimenticandosi della corda di calata! Vaglielo a spiegare all'aspirante suicida in uniforme che no! Parbleu! Non si fa! Ma lui niente, insiste con i suoi insani propositi. Per fortuna alla fine interviene Christelle che gli spiega con le giuste parole il da farsi. Sono l'ultimo a scendere, arrivo sulla sosta dove mi attende Georgie, recupero la corda e scendo giu per il famoso Geyser.


Una delle calate più esaltanti della mia vita! E che bello quando condividi queste sensazioni con i tuoi compagni di avventura che sono sempre insieme a te in questi luoghi.
E quindi grazie a Guido e Alessandro che mi permettono di vivere queste grandi avventure.
E grazie a tutti coloro che, più esperti di me, mi insegnano sempre qualcosa di nuovo ogni volta che vado, in particolare mi sento di ringraziare Skeno, che di uscite toste ne ha organizzate diverse e i cui consigli si sono rivelati spesso preziosi.
E grazie a Giorgio e Giorgia per avermi fatto usare le loro belle fotografie.
Posto anche questo bel video della Mejie e dell'Oules de Diable realizzato da Giorgio.