giovedì 31 marzo 2011

24 Marzo 1976


Il 24 marzo 1976 l'Argentina precipita nell'abisso. Il 24 marzo l'Argentina ricorda questa data con manifestazioni in tutto il paese. Da quest'anno il 24 marzo è un giorno festivo, il giorno della memoria. Molti argentini sono stanchi e vogliono dimenticare, molti altri si battono per non dimenticare mai. Non so bene cosa pensare, ancora non mi capacito di come possa essere successo e del perchè non ci sia stata una vera resistenza. O forse lo so, nessun aiuto dall'esterno, pesante ingerenza di potenze straniere nella gestione argentina, terrore, ma terrore vero, cose che io, dal caldo della mia poltrona, non sono in grado di valutare, né di digerire. Siamo a Puerto Pyramides quella sera e ci uniamo al piccolo cinema che un ragazzo ha tirato su con il suo pc, un proiettore ed uno schermo avvolgibile attaccato al suo furgone. Immagini della dittatura, di quel gran porco di Videla, dei campionati del mondo del 78, del popolo orgoglioso che lo porta in trionfo dopo la vittoria (!), delle madri di plaza de mayo che chiedono disperate l'aiuto dei cronisti stranieri che le intervistano....

E' una serata piacevole anche se tira il solito vento. Mi fanno felice questi ragazzi che vanno in giro per ricordare, un pivello pone domande dimostrando di non sapere un tubo di niente, però domanda e riflette.
A questo serve la serata.
Notizie da Buenos Aires mi dicono che la manifestazione è stata imponente, centinaia di migliaia di persone, sopra le loro teste un immenso striscione raffigurante i visi dei tanti, tantissimi ragazzi desaparecidos


rapiti nelle case e nelle strade, dalle patotas, le squadracce della morte, torturati e fatti sparire.


Oggi volevo solo ricordare questa data, quando tornerò a Buenos Aires proverò ad approfondire un po' l'argomento.

sabato 26 marzo 2011

Peninsula di Valdes


La Peninsula di Valdes è uno di quei posti che merita un solo aggettivo: meravigliosa!
Quando sentivo i racconti della gente che già c'era stata devo confessare che provavo una certa indifferenza, attratto più dai deserti del nord e dalle montagne del sud. Devo dire che sono stato un minchione. E meno male che  Miriam e Paola hanno insistito tanto perchè venissimo qui.
Non serve parlare, bastano le immagini a trasmettere un centesimo della magia di Valdes

I pinguini di Punta Tombo


I pinguini di caletta valdes, pronti a partire per il Brasile, tentennano godendosi l'ultimo sole


Punta Norte, le colonie di leoni marini


Purtroppo mi mancava il teleobiettivo qui...
E poi gran spettacolo finale con il passaggio di un branco di 5 orche che han provato (con poca convinzione) a mangiarsi qualche leone marino più sprovveduto degli altri


E ancora un simpatico e curioso frequentatore dei lidi di Valdes


E infine qualche immagine della bassa marea a Puerto Pyramides, un posto spettacolare dove ci sono milioni di conchiglie fossili incastonate nella roccia


El Bolson

Snobbiamo Bariloche e puntiamo diritti a el Bolson, più defilata e meno turistica, aspettando la concidenza al terminal semi deserto i cui unici serafici e assidui frequentatori sono gli immancabili Perri.


El Bolson è diventata famosa per il mercatino di frichettoni che sono venuti a popolarla anni fa e che deliziano i turisti con le loro opere di artigianato, soprattutto in legno


ma non mancano fantasiosi pupazzi di gommapiuma e improbabili rimastoni italiani che mercanteggiano empanadas, con scarso successo, direi. La birra casereccia però è buona e scorre giù a gran bicchieri. Ci sentiamo un po' a casa in mezzo alle bancarelle, ma la buena onda si percepisce proprio qui, e un caldo sole ci ristora sebbene sia inframezzato da scroscianti piogge. Il giorno che segue diamo la scalata al Cerro Pitrilquitron, una robetta da 2260 metri, bazzeccole per noi provetti andinisti. 


La salita è faticosa ma le lande desolate a quota 2mila sono emozionanti.




Peccato che i nostri baldi eroi debbano rinunciare a pochi metri dalla cumbre, il terso cielo del mattino ha lasciato posto a minacciose nubi e forti venti. 


Tocca ridiscendere ma senza negarci una tappa al Refugio Pitrilquitron dove la buena onda stavolta ce la racconta senza dubbi il gatto di casa. 


Una tappa che pagheremo cara, i 13 Km che ci separano dall'ostello saranno una estenuante marcia forzata sotto il diluvio universale, provando a cimentarci in un inutile autostop. 


Da queste parti l'arte del tombino non usa e dunque le strade sono tutte un fiume in piena.
Giunti zuppi fradici all'ostello ci regaliamo una serata multiculturale, in cento a cucinare, argentini che spiano le maestrie culinarie di paola, inglesi che se ne vanno in giro per il mondo da 4 mesi (e noi che credevamo di essere fortunati a fare “solo” 2 mesi per l'Argentina), americani che cianciano e urlano (vabè, sono americani), e un simpatico gruppetto di italiani, 2 ragazzini veronesi che dopo liceo fanno 3 mesi in giro per l'Argentina, ma che bravi, e un ragazzo romano fresco di laurea in storia dell'arte in crisi di idee e di identità, che ha scoperto l'inutilità dell'arte e ramingo gira il sudamerica in cerca di risposte... coraggio Patrizio tifiamo per te!
La mattina dopo un bel sole e le cime dei monti tutte imbiancate


E siamo di nuovo in movimento, salutiamo il nostro amico e compagno di avventure federico che se ne va al nord per proseguire la nostra discesa verso sud, prossima tappa Esquel, attraverso le (solite, ma suona brutto dirlo) meravigliose montagne e steppe patagoniche.


A Esquel volevamo andare al bosco degli Alerces ma tutta la faccenda ci puzza di turistica e cara, e scopriamo che non possiamo più cazzeggiare tanto in giro con tutte le cose che vogliamo ancora fare. La coincidenza per El Chalten attraverso la mostruosa Ruta 40 è gestita da una compagnia sola che percorre la tratta con un autobus normale, non cama né semicama, dunque una roba tosta. Si presentano bene, il loro sportello è chiuso e il telefono irraggiungibile. E allora il nostro (non) programma subisce l'ennesima rivoluzione (viva le rivoluzioni) e ci porta in tutt'altra direzione: la Peninsula di Valdes.

Regresando por l'Argentina


I cileni sono diversi dagli argentini, più seri, più arcigni, più precisi, più rispettosi di quello che non è loro, anche le azioni. Villarica è piena di solerti vigli, uno di loro ci insegue correndo fino a beccarci al semaforo per farsi pagare il parcheggio che noi – ingenui – pensavamo fosse gratuito. Il cile è una grande prateria ondulata con estese colonie di tedeschi, in alcuni punti sembra di essere in Baviera. Piove tantissimo e fa molto più freddo che in argentina. E si vede dalla vegetazione, verde e rigogliosa. Viaggiamo veloci verso sud, ci tocca pagare in pesos argentini al casello perchè siamo rimasti senza pesos cileni e nessuna delle nostre tre carte di debito viene accettata. La nostra organizzazione personale continua a stupirci, siamo alle comiche finali quando a Entres Lagos balbettiamo imbarazzati davanti alla cassiera di un alimentari incapaci di decidere cosa mangiare non sapendo dove andremo a finire a dormire....
Finiamo in un ostello marcissimo in riva al lago Peyuhen, con impianti elettrici fantasiosi, muri di cartone, lavandini spaccati, un cinghiale mummificato all'ingresso.... 


ci mangiamo un meraviglioso pollo crudo e la notte ci becchiamo pure le pulci! Mannaggia a noi che cerchiamo la sempre la soluzione più economica. Però la vista sul lago è incantevole e alla fin fine ci divertiamo pure qui. 


Il giorno dopo un altro meraviglioso parco attende la nostra visita, con il suo baldo semi indio ad attenderci all'entrata della sua fantastica postazione di lavoro, fresco di doccia a mostrarci i suoi muscoletti palestrati, indice di troppo tempo libero passato su queste montagne. Ci ha pure la badante sto novello selvaggio, fortunato lui, tutta invidia la nostra. 




Foreste tropicali al cui fondo non giunge mai un raggio di sole attraversate da centinaia di corsi d'acqua che confluiscono nell'impetuoso Rio Gol Gol


una montagna d'acqua che ci lascia attoniti osservatori, nelle cui acque osiamo bagnarci le nude membra, per alcuni secondi vista la proibitiva temperatura dell'acqua, che scende direttamente dai ghiacciai del Volcan Peyuhen. 


E pensare che siamo al livello minimo stagionale....
Alla fine del breve trekking un pantagruelico asado grigliato in mezzo al parco prima di ripartire alla volta dell'Argentina, mica potevamo farci fottere di nuovo questo gran pezzo di carnazza dai frontalieri no?


Il Passo Cardenal Samorè è un tripudio di panorami dove le vette andine si mostrano nella loro più grandiosa maestosità, strada coronata nel finale dal cono vulcanico estinto Pantayo, che sta lì adagiato da un milione di anni.


Il tempo di tornare in argentina che già siamo sulla panoramica Ruta de los 7 lagos, e su uno di questi specchi passiamo la notte, che bello che quasi ovunque puoi metterti li e campeggiare liberamente tra cipressi e faggi, in mezzo a radure ricolme di merda di vacca, e proprio mentre siamo li a raccogliere la legna al volgere dell'oscurità mamma e vitelli ci si fanno incontro con gli occhi illuminati dalle nostre frontali richiamati dal grido incessante del padre, del capo, chi lo sa, di qualcuno che indica loro la strada di casa.... ci mettiamo silenziosi da parte e li facciamo passare...
Cena nella brace, come sempre, con vista sul lago illuminato da una fantastica luna piena


Prima di riconsegnare la macchina e tornare alla nostra meno comoda ma più avventurosa vita di camalli ci regaliamo una passeggiata in riva al lago Nahuel Huapi le cui spiagge incessantemente battute dal vento sono ricoperte da bianchissimi legni trasportati dalla corrente e scoloriti dal sole... che belli, quante sculture ci si potrebbero creare, ne prendiamo un paio dalle forme bizzarre


Le spiagge del popolo Mapuche, un popolo fiero e mai domito, perseguitato dai conquistadores spagnoli, cacciato via e sterminato nella guerra di Reconquista argentina e cilena, relegato nelle riserve in mezzo al nulla del deserto patagonico a vivere di artigianato. Storie note, un po' meno noto è il fatto che se gli argentini provano oggi a riconciliarsi, sebbene nessuna riconciliazione sia possibile, i cileni, forti delle a noi ben note leggi speciali antiterrorismo, continuano ancora oggi una guerra silenziosa contro di loro, incarcerando e torturando come terroristi tutti quelli che si battono ancora per il riconoscimento dei diritti del loro popolo. 


Un capitolo amaro che però credo sia ancora una volta giusto ricordare, viaggiare per noi è anche chiedere e sentire le storie della gente, che spesso non sono piacevoli