sabato 26 marzo 2011

El Bolson

Snobbiamo Bariloche e puntiamo diritti a el Bolson, più defilata e meno turistica, aspettando la concidenza al terminal semi deserto i cui unici serafici e assidui frequentatori sono gli immancabili Perri.


El Bolson è diventata famosa per il mercatino di frichettoni che sono venuti a popolarla anni fa e che deliziano i turisti con le loro opere di artigianato, soprattutto in legno


ma non mancano fantasiosi pupazzi di gommapiuma e improbabili rimastoni italiani che mercanteggiano empanadas, con scarso successo, direi. La birra casereccia però è buona e scorre giù a gran bicchieri. Ci sentiamo un po' a casa in mezzo alle bancarelle, ma la buena onda si percepisce proprio qui, e un caldo sole ci ristora sebbene sia inframezzato da scroscianti piogge. Il giorno che segue diamo la scalata al Cerro Pitrilquitron, una robetta da 2260 metri, bazzeccole per noi provetti andinisti. 


La salita è faticosa ma le lande desolate a quota 2mila sono emozionanti.




Peccato che i nostri baldi eroi debbano rinunciare a pochi metri dalla cumbre, il terso cielo del mattino ha lasciato posto a minacciose nubi e forti venti. 


Tocca ridiscendere ma senza negarci una tappa al Refugio Pitrilquitron dove la buena onda stavolta ce la racconta senza dubbi il gatto di casa. 


Una tappa che pagheremo cara, i 13 Km che ci separano dall'ostello saranno una estenuante marcia forzata sotto il diluvio universale, provando a cimentarci in un inutile autostop. 


Da queste parti l'arte del tombino non usa e dunque le strade sono tutte un fiume in piena.
Giunti zuppi fradici all'ostello ci regaliamo una serata multiculturale, in cento a cucinare, argentini che spiano le maestrie culinarie di paola, inglesi che se ne vanno in giro per il mondo da 4 mesi (e noi che credevamo di essere fortunati a fare “solo” 2 mesi per l'Argentina), americani che cianciano e urlano (vabè, sono americani), e un simpatico gruppetto di italiani, 2 ragazzini veronesi che dopo liceo fanno 3 mesi in giro per l'Argentina, ma che bravi, e un ragazzo romano fresco di laurea in storia dell'arte in crisi di idee e di identità, che ha scoperto l'inutilità dell'arte e ramingo gira il sudamerica in cerca di risposte... coraggio Patrizio tifiamo per te!
La mattina dopo un bel sole e le cime dei monti tutte imbiancate


E siamo di nuovo in movimento, salutiamo il nostro amico e compagno di avventure federico che se ne va al nord per proseguire la nostra discesa verso sud, prossima tappa Esquel, attraverso le (solite, ma suona brutto dirlo) meravigliose montagne e steppe patagoniche.


A Esquel volevamo andare al bosco degli Alerces ma tutta la faccenda ci puzza di turistica e cara, e scopriamo che non possiamo più cazzeggiare tanto in giro con tutte le cose che vogliamo ancora fare. La coincidenza per El Chalten attraverso la mostruosa Ruta 40 è gestita da una compagnia sola che percorre la tratta con un autobus normale, non cama né semicama, dunque una roba tosta. Si presentano bene, il loro sportello è chiuso e il telefono irraggiungibile. E allora il nostro (non) programma subisce l'ennesima rivoluzione (viva le rivoluzioni) e ci porta in tutt'altra direzione: la Peninsula di Valdes.

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