mercoledì 22 giugno 2011

Buenos Aires addio

Con un clamoroso ritardo di quasi due mesi pubblichiamo l'ultimo post dell'Argentina


2000 Km e 48 ore di autobus ci riportano direttamente alla Capital Federal. Gli ultimi giorni a Buenos Aires ci mostrano un altro volto di questa megalopoli. Appena arrivi dall'Europa la città ti accoglie con 2 sonori schiaffoni e ci vuole un po' per riprendersi. Il primo te lo danno 15 milioni di abitanti, l'impatto con una cosa così grande è scioccante. Ma il peggiore è il secondo, quando tutto intorno a te vedi una forbice tra ricchezza e povertà così sfacciatamente ampia da travalicare ogni senso etico.
Questo significa ostentazione, egoismo, cinismo, cittadelle fortificate, eh sì esistono i Barrio Cerrado, interi quartieri privati, chiusi al pubblico, con dentro supermercati e persino scuole, dove la gente vive una felice esistenza parallela, chiusa nella propria bolla. E significa anche povertà, disperazione, ambulanti ad ogni angolo e su ogni treno, baraccopoli, insicurezza, criminalità. Riprendersi da questo secondo schiaffo è più difficile.



I due video sono ripresi dal treno, quasi arrivati alla stazione di Retiro. A destra il quartiere superlusso di retiro, a sinistra la Villa 31, il più grande slum della città.

Però dopo, se resti, se guardi bene, scopri un altra Buenos Aires. Una città fatta di colore e di fantasia, di mercatini artigianali, di veri mercatini artigianali, dove gli artigiani esibiscono le loro opere. Una città colorata dalle fantastiche opere del Fileteado che vedi sulle facciate dei muri, sulle fiancate dei camion, sulle insegne dei negozi


Una città piena di manifestazioni culturali, di teatri e di sale da ballo, di mostre e di spettacoli, ad ogni angolo di strada senti suonare musica o vedi un artista esibiri. L'arte dell'arrangiarsi ha prodotto dei veri maestri.


Una città dove esiste il dissenso e la critica, che in giro mancava, dove ci sono esibizioni artistiche , culturali e politiche, dove ci sono persone che danno voce a forme differenti di pensiero che si discostano dalle versioni ufficiali e storiche, dove si scrive chiaro e tondo che la A di Julio A. Roca sta per sporco assassino, al contrario delle versioni ufficiali che lo vogliono esaltare scolpendone il busto in ogni piazza, intitolandone una via in ogni città, dedicandogli addirittura la banconota da 100 pesos, alla faccia della riconciliazione storica con i popoli nativi


Una città dove vai a mangiare tutte le sere fuori, e trovi roba buona da mangiare e non spendi mai più di 10 euro per strafogarti di grossi filetti e di buon Malbec, dove ovunque puoi assaggiare le contaminazioni culinarie dei migranti giunti fino a qua, dove puoi fermarti in bellissimi caffè Liberty pieni di testimonianze storiche ad assaggiare il buonissimo dulce de leche


Una città dove giri per i parchi e i grattacieli fanno da sfondo alle araucarie


dove le stazioni della metropolitana sono piastrellate e colorate, dove ogni autista guida il suo autobus personale, e lo personalizza con scintillanti cromature, fileteados disegnati sul cofano, eleganti ricami e merletti, e su cui ovviamente c'è sempre (o quasi) la musica accesa.


Una città strapiena di giovani e di pivelli e di ragazze che ti sorridono quando incroci i loro sguardi, e te ne cammini contento che ci sia tutta questa allegria e voglia di fare, e mi vengono di nuovo in mente i vecchi di Marassi che quando incroci il loro sguardo ti trasmettono tutto tranne che voglia. E mi basta guardare i compagni che ci accompagneranno in aereo fino a Madrid, belin all'andata l'età media era di 20 anni, adesso che torniamo alla giurassica europa l'età media è di 60!