domenica 1 maggio 2011

Bolivia!


La Ruta verso il confine sale e sale in mezzo a panorami desertici, contornati da montagne che sembrano di vecchia ciccia rugosa di qualche grassone visto al mare, bisognoso di cure termali


Scendiamo a La Quiaca, un paesino di frontiera che non ha nulla da dire, se non che c'è una piccola ma affollatissima stazione degli autobus, dove decine di boliviani tutti i santi giorni ammassano e preparano la propria merce per portarla sui ricchi mercati argentini. Non si riesce quasi a camminare in mezzo a tutta sta gente. Così che tutta la meravigliosa artesanìa che si vede sulle bancarelle di Jujuy e Purmamarca non è affatto locale, ma viene dalla barattissima Bolivia.


Si va a piedi fino al confine, nessun autobus lo attraversa, dobbiamo fare da noi. Timbriamo il passaporto, camminiamo sul ponte e subito la Bolivia ci riserva la prima sorpresa, che con il senno di poi era anche prevedibile. Il confine è chiuso da una manifestazione di protesta. In Bolivia si succedono innumerevoli manifestazioni e scioperi, la maggior parte sono di impiegati pubblici che chiedono migliori condizioni economiche. Questa è la volta dei maestri. Tocca aspettare, chiedo come va, ma la gente è un po' diffidente. Osservo il fiume e vedo che una miriade di boliviani se ne vanno allegramente su e giù per il confine, infischiandosene di timbri e controlli.


Noi i timbri già li abbiamo, quasi quasi potremmo seguirli...
E allora riattraversiamo il ponte, torniamo in Argentina, scendiamo nel fiume, ci infiliamo nel buco nella recinzione e – semiclandestini – attraversiamo il maleodorante fiumiciattolo.
È fatta, siamo in Bolivia.
E si vede subito, l'Argentina pare la Svizzera in confronto, sono ancora molto, molto in difficoltà. Però è pieno di ambulanti che vanno al mercato a vendere i loro prodotti artigianali, c'è molto folklore e colore in giro per le strade e nonostante la grande povertà non si avverte nessun tipo di minaccia.


Scopriamo subito quanto sia incredibilmente economico questo paese. Il piatto nazionale, pollo e patate fritte, ci viene a costare 22 pesos boliviani, meno di 3 euro


e il viaggio in autobus fino a Potosi costa poco di più 25 pesos, 3 euro e qualcosa. Ma quanto diavolo costa la benzina qui per pagare un viaggio di 400 km, 3 euro?!! O forse che quella vecchia volpe di Morales ha trovato il modo di far andare i suoi vecchissimi autobus con 1 cl di benzina al km?
In ogni caso, evviva la Bolivia!


Partiamo sull'autobus, ovviamente molto più scassato di quelli superlusso argentini. La mia mente mi tormenta, moriremo ribaltati giù per una scarpata! Il viaggio lo facciamo con la luna quasi piena, intorno a noi montagne e gole dal pallido colore celeste. Al passo non so dove, intorno a mezzanotte, un altra sorpresa, i maestri colpiscono ancora, non si passa. Picchetti, fuochi e tronchi sulla strada, tocca stare li ad aspettare. Passeggiamo, conosciamo un simpatico ometto che attacca a parlare e dopo un po', por compartir, ci offre un po' delle sue foglie di coca. 
Assaggiamo....
Un lieve senso di euforia e anestetizzazione della bocca, sparisce la fame e la stanchezza, e si prova un piacevole rilassamento della pancia, ora capisco perchè tutta sta gente se ne corre dietro i cespugli degli alberi ogni volta che l'autobus si ferma.
Alle 3 ripartiamo, hanno levato il blocco. Dormicchiamo fino all'alba, fuori deserti, salite, casupole di fango essiccato, contadini che si scaldano intorno al fuoco, deve fare un freddo caino là fuori. Anche sull'autobus fa freddo, tutti si sono portati le coperte.
Alle 9 arriviamo in vista di Potosi e.... non si passa c'è il blocco!
Ahahah! Come inizio non c'è male, 3 blocchi in una notte.


Scendiamo, ma stavolta è stata una gran fortuna (fortuna?), perchè li di fianco c'è già una delle tante miniere sparse per il territorio e vado subito a fare conoscenza con i pivelletti che ci lavorano dentro. Sono quasi tutti giovani, avranno tra i 15 e i 30 anni, ridono e scherzano, parlano Quechua, e si vede che si divertono a pigliarmi per il culo. Ci sballano a farsi fare le foto e si sfottono a vicenda.


Ci incamminiamo verso la città, scambiamo 2 chiacchiere con i maestri ribelli. Chiedono un po' di più dei 200 euro mensili che prendono, e che non bastano affatto per vivere.
Dicono che a La Paz ci sono stati disordini, sulla carretera per Oruro


qui la polizia non si fa vedere, perchè sono troppo pochi e hanno paura. Inoltre pare anche che i maestri, qui a Potosi, siano dotati di dinamite, che si trova facilmente in giro nei negozi che vendono roba per i minatori nella parte alta della città


Maestri bombaroli, e io che mi aspettavo le maestrine con i disegnini di protesta fatti dai bambini!
I primi 2 giorni a Potosi li passeremo dentro l'ostello, Paola s'è beccata subito la Montezuma, manco il tempo di respirare l'aria boliviana, e in più patisce molto i 4000 della città, io invece ho la febbre per chissà che cosa, forse i nostri fisici hanno bisogno di una pausa. All'ostello ci siamo solamente noi, si vedono un paio di boliviani, un francese di passaggio...

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