domenica 13 gennaio 2013

L'Aquila, mon amour


Quasi un anno fa visitavamo l'Aquila, grazie al nostro caro amico Ivano che ha voluto portarci con lui. Mi ero ripromesso di condividere l'esperienza e alla fine ecco qua, con un “lieve” ritardo, il resoconto delle nostre impressioni. Piuttosto emozionanti.


Entriamo da Ovest. La periferia sembrerebbe quella di una normalissima città.
Sembrerebbe...
Davanti a noi scorrono file di palazzi transennati, i muri pieni di crepe, l'intonaco crollato a terra mostra le file di mattoni. Una scena stranissima, siamo tutti senza parole.


Parcheggiamo la macchina e ci avviamo verso il centro, la famigerata zona rossa, le transenne sono dappertutto. Ci accorgiamo subito che l'aria che si respira è particolare. C'è un piccolo mercatino, ci fermiamo a comprare una campanellina da una artigiana. Com'era prevedibile sentire sono messi male, molti sono andati via e i pochi rimasti sbarcano a malapena il lunario. La gente è schiva e silenziosa. Si capisce che sono stati feriti, dalla terra, dalla politica, dai media. Un volantino facilone offende la dignità dei cittadini, e anche la nostra.


Camminiamo. Pilastri incravattati stanno su solo con il supporto di provvidenziali fascine d'acciaio.


Guardacaso l'unico edificio rimesso a nuovo, immacolato, bianco, marmoreo è quello della Banca d'Italia. Vergogna banchieri, ancora una volta dimostrate la vostra pochezza, la vostra scarsissima lungimiranza.


Più avanti ecco i nostri fieri soldati, a proteggere i cittadini da se stessi, a impedire che si ritorni nelle proprie case a sistemare, a tenere lontana la città da chi vuole rimboccarsi le maniche da solo, senza aspettare il sacro volere dei partiti.


Ci inoltriamo nella città vecchia, perlomeno quella periferia del centro storico ancora più o meno accessibile. 


Tante immagini che avevamo visto in TV e su Internet non rendono minimamente la realtà così come si presenta. G8 Genova docet. 


Una città fantasma, distrutta, annichilita, senza possibilità di rialzarsi. Impossibile risistemarla.


Bizzarre decorazioni circondano i cornicioni dei palazzi e i contorni delle finestre


Stradoni pieni di negozi abbandonati. Scarpe ancora in vetrina, lasciate lì in mostra. Impolverate, nella stessa posizione da più di tre anni. Sembra un film post atomico. O post terremoto.


Deliziose piazzette che si celano negli anfratti del centro storico, schive come i suoi abitanti. e, inesorabilmente, vuote.


Piazze che stanno lentamente cedendo il passo alla natura che si riprende i suoi spazi.
Finestre aperte.
Per sempre.


La quotidianità che ancora si lascia respirare.


Aquilani e turisti che nonostante tutto ritornano malinconici a passeggiare su vie anticamente dedicate allo struscio. Come mosche bianche, negozi che stoici riaprono i battenti in mezzo al nulla.


Aquilani che cercano di portare un pochino di vita in questo scenario di morte


Di tanto in tanto sbirci dentro a un portone mezzo aperto... tutto è cristallizzato come prima.


La cosa più impressionante è il silenzio.
Strade un tempo affollate, deserte, mute.
Piazze.... lontane.


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