Di passaggio verso l'Aquila, prima
dell'immenso traforo del Gran Sasso, svoltiamo a destra per farci un
giro su per questo magnifiche montagne. E' primavera e il sole è già
molto caldo, anche se quassù, sotto il Corno Grande fa ancora
piuttosto freddo.
La strada ti conduce fino alla base
della sommità, uno di quei rari casi in cui sono riusciti a
srotolare una striscia d'asfalto che ti consente di arrivare quasi
sotto la cima, con sommo gaudio di alpinisti, anzi appenninisti, dal
culo mollo.
Siamo a Campo Imperatore, quando è
possibile si riesce anche a sciare, ci sono un paio di impianti di
risalita. Bene, a parte questo, cosa c'è di
interessante qui? Più che interessante sarebbe il caso di dire
divertente: c'è un museo storico con un sacco di comparse che
recitano perfettamente la loro parte di rievocazione storica. Siamo
all'hotel Campo Imperatore, sì, proprio quell'hotel, quel posto dove
fu imprigionato Mussolini nel 1943, e da dove fu tirato fuori da una
squadra di paracadustisti tedeschi durante l'operazione Eiche.
Bene, ignari di tutto questo, o meglio,
non immediatamente consapevoli, entriamo per mangiarci un panino e
andare in bagno. L'ingenua inconsapevolezza lascia subito lo spazio
alla memoria, i muri sono vecchi e ammuffiti, l'arredo pare essere
proprio quello originale di 70 anni fa, l'atrio è tutto un tripudio
di foto ricordo fasciste del ventennio, di Mussolini, della sua
liberazione. E va bene, fin qui ci sta, è un fatto storico e ci sta
che lo si ricordi. Ma il dubbio gusto e la retorica lasciano presto
spazio alla grottesca messinscensa degli inconsapevoli “attori”
che rievocano storicamente i personaggi che allora abitavano queste
mura. Il cameriere vestito con la camicia nera che ti squadra
malamente, il barista che porta un bel distintivo sulla sua camicia,
ovviamente anch'essa nera, con su ben evidenziato il suo non ben
precisato “orgoglio aquilano”, altri personaggi come usciti da un
film girovagano arcigni dando alle sale un atmosfera tipica del
tempo.
Ho un terribile difetto, alle volte non
mi riesce proprio di lasciare che la santa ironia pervada il mio
sentimento. Così anziché ridere, mi incazzo ed esco dall'albergo.
Ma alla fin fine ripensandoci, a
codesti personaggi val bene in regalo una sonora risata!